Lost & Found Podcast | S. 01 Ep. 08
“Non l’amore, non i soldi, non la fede, non la fama, non la giustizia. Datemi la verità”. Niente scherzi, profondità massima. Se non sei in cerca di pensieri non avvicinarti nemmeno. Ma se sei pronto al viaggio, beh, chiudi gli occhi e cominciamo.
Into the Wild è una meraviglia di Sean Penn. A dire la verità, però, è una meraviglia che il regista ha trovato già scritta, già costruita. Già, è il caso di dirlo, vissuta. Christopher McCandless e la sua vita, unica breve intensa. Già scritta sì, già vissuta anche. Ma da raccontare…
La libertà è tutto. Bisogna essere puri e l’animo puro di Chris riesce a viverla a pieno. Un viaggio continuo alla ricerca di qualcosa, dal college all’inverno dell’Alaska. Taglio netto, perché i puri fanno così. No, Chris in realtà non cercava proprio nulla, solo viveva. Seguiva sé stesso e il suo intramontabile istinto. Ufficialmente, è morto di fame, nel 1992. Il cadavere quando venne ritrovato pesava circa 30 kili. Ma la sua vita, fame o no, era quella.
La colonna sonora del film è semplicemente splendida. Non capita tutti i giorni, tra l’altro, che una soundtrack venga curata da Eddie Vedder. Il front-man dei Pearl Jam non presta le proprie canzoni a questa storia, le scrive basandosi su di essa. Così possiamo correre tra campi di grano infiniti, trasportarci su una canoa nel mezzo del Gran Canyon, una testa alta, pronta a guardare avanti. Così possiamo ritrovare, fatto musica in Society, il manifesto del pensiero di Chris.
Chris non voleva scappare, solo rifiutava totalmente il sistema in cui viveva. La sua famiglia, in particolare, e il futuro già scritto che per lui si prospettava. E nel momento di farlo capire, come un puro vuole, la radicalità è d’obbligo. Le scene cruciali del film, la partenza, lo stacco. Carte di credito tagliate, dollari bruciati, auto abbandonata. Persino un nuovo nome, un vero e proprio battesimo: nasce così un Supertramp.
Si parte dunque, non è un viaggio ma un percorso. Chi cerca la libertà non la trova mai. La vive. E nel percorso si possono incontrare personaggi incredibili, hippy in viaggio, coltivatori e compagni, padre adottivo. Si può trovare persino l’amore cercando la libertà. Tuttavia, chi la vive non può fermarsi, è un ossimoro contro-natura.
Non dovremmo negare che l’essere nomadi ci ha sempre riempiti di gioia. Nella nostra mente viene associato alla fuga da storia, oppressione, legge e noiose coercizioni, alla liberà assoluta, e la strada porta sempre a Ovest.
Alaska dunque, così voleva. In mezzo, un lungo percorso. Vita. E che importa morire, la vita è un’altra cosa. E la libertà pure.